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TitreHistoria naturale di G. Plinio Secondo tradotta per Lodovico Domenichi, con le postille in margine, nelle quali, o vengono segnate le cose notabili, o citati alteri auttori… et con le tavole copiosissime di tutto quel che nell’opera si contiene…
AuteursPline l’Ancien
Domenichi, Lodovico
Date de rédaction
Date de publication originale1561
Titre traduit
Auteurs de la traduction
Date de traduction
Date d'édition moderne ou de réédition
Editeur moderne
Date de reprintRééd. 1573.

, p. 1108

Antiphilo è molto lodato per una figura, ch’e’ fece d’un fanciullo, che soffia nel fuoco, e una bella casa, che riluce tutta, e per il viso di quel fanciullo.

, p. 1104

Callicle ancora fece cose piccole. Et Calace dipinse nelle tavole delle comedie. E Antifilo fece l’uno e l’altro. Percioch’egli dipinse Hesiona nobile, e Alessandro e Filippo con Minerva, iquali sono nella scuola ne’ portichi d’Ottavio, e in quegli di Filippo, Bacco, Alessandro fanciullo, e Hippolito spaventato per un toro, che gli veniva all’incontro, e nel portico di Pompeo, Cadmo et Europa. Il medesimo con piacevole nome dipinse Grillo in habito ridicolo. [[2:Grillo dipinto da Antifilo in habito ridicolo.]] Onde questa maniera di pittura si chiama Grillo. Egli nacque in Egitto, e imparò da Ctesidemo.

, p. 1100-1101

Dipinse ancora Alessandro Magno, che ha il folgore in mano, nel tempio di Diana Efesia, e questa figura fu pagata venti talenti. Le dita pare che sieno di rilievo, e che il folgore sia fuor della tavola. Ma però sappiano coloro che leggono, che tutte queste cose furono fatte con quattro colori, che fu grossamente pagato di questa figura, percioche n’hebbe tanti ducati d’oro a misura, e non a novero.

, p. 1100

Ritrasse ancora il re Antigono cieco da uno occhio, e fu il primo, che trovò la maniera di nascondere i difetti naturali, percioch’egli lo dipinse in profilo, accioche quello che mancava al corpo, piu tosto paresse che mancasse alla pittura, e mostrò solo quella parte del viso, laquale egli poteva mostrar tutta.

, p. 1101-1102

Le inventioni sue giovarono a gli altri ancora nell’arte. In una cosa sola non fu niuno che lo potesse imitare; e cio fu, che fornite che egli haveva l’opere, dava loro una tinta nera tanto sottile, che col ripercuotere rilevava in un tempo la chiarezza de’ colori, e parte la difendeva dalla polvere e dalle sporcherie, e finalmente le faceva parere di rilievo a chi le guardava. Ma cio faceva egli con gran ragione, accioche la chiarezza de’ colori non offendesse la vista, essendo come se si guardasse da lunghi per pietre trasparenti, e la medesima cosa dava occultamente austerità a’ colori troppo fioriti.

, p. 1100

Non haveva havuto gratia in compagnia d’Alessandro con Tolomeo, perch’essendo egli una volta giunto in Alessandria per fortuna, fu da un certo buffone del re, subornato per inganno de’ suoi concorrenti, invitato a mangiare col re, et cosi v’ando. Perche essendosi sdegnato Tolomeo, e mostrandogli i servidori suoi iquali havevano carico d’invitar le persone mangiar seco, perche gli dicesse qual d’essi l’haveva invitato; preso subito in mano un carbone spento, lo ritrasse sul muro, dove il re, subito che vide abbozzarlo, riconobbe il viso di quel furfante.

, p. 1101

Ecci anco, over fu di sua mano un cavallo dipinto a concorrenza, dove lasciando il giudicio degli huomini, s’accostò a quello de gli animali senza ragione. Percioché conoscendo egli, come i suoi concorrenti con le prattiche, lequali essi havevano fatte, gli sarebbono rimasi superiori, fece venire le cavalle quivi dove ciascuno havea dipinto il suo cavallo; dove le cavalle standosi chete a vedere tutti gli altri, rignarono solo al cavallo d’Apelle, e cio si mostrò poi sempre per esperimento di quella arte. [[1:Rignò similmente il cavallo d’Alessandro vedendosi dipinto per mano d’Apelle, e cio con biasimo d’Alessandro. Vedi Eliano nel li. 2 della varia istoria.]]

, p. 1101

Colore che hanno maggior giudicio in questa arte, giudicano per una delle migliore opere, ch’ e’ facesse, il medesimo re a cavallo; e una figura di Diana in compagnia d’alcune vergini, lequali fanno sacrificio; nelle quali figure pare ch’egli vincesse i versi d’Homero, iquali descrivono quello istesso. 

, p. 1099

Fu persona molto piacevole e garbata, e perciò era molto grato ad Alessandro Magno, ilquale andava spesso a trovarlo a bottega, percioche, come io dissi, egli haveva ordinato, che niuno altro lo dipignesse. Et perche Alessandro stando in bottega discorreva di molte cose dell’arte con poco giudicio invero, Apelle amorevolmente lo consigliava, che stesse cheto, dicendo, che i fattori, iquali li macinavano i colori, si facevano beffe di lui. Tanta auttorità havea la ragione appresso a quel re, ilquale per altro era molto colerico.

, p. 1099-1100

ancora che Alessandro con un chiarissimo esempio gli fece un grande honore. Percioche havendosi egli fatto ritrarre ignuda una sua femina bellissima e molto favorita, laquale haveva nome Campaspe, da Apelle, intendendo come egli per rispetto della sua gran bellezza, fieramente s’era innamorato di lei gliene fece presente. Huomo d’animo veramente grande, e maggiore perche sapeva comandare anco a se stesso; ne punto minore per questo atto, che per alcuna vittoria sua. Percioche egli vinse se stesso, ne solamente il letto suo, ma il proprio amore ancora donò a quello artefice: tanto ch’egli non hebbe pur rispetto alla sua favorita, volendo, che quella che dianzi era stata donna d’un re, fosse hora d’un pittore. Alcuni dicono, che la Venere Anadiomene fu ritratta da lui al naturale di quella donna.

, p. 1099

Il medesimo fornita ch’egli haveva l’opera, la metteva fuori perche ogniuno, che passava, la potesse vedere, et egli nascondendosi poi dietro la figura, stava ascoltando i difetti che l’erano apposti, e cosi stimava miglior giudice il vulgo, che se stesso. Dicono ch’egli fu tassato da un calzolaio, d’haver fatto in una pianella una fibbia manco che non bisognava, perche tornando il medesimo l’altro giorno, insuperbito per haverlo avvertito del primo difetto, e tassandolo di non so che intorno la gamba; sdegnatosi gli fece un mal viso, con dirgli, che un calzolaio non poteva dar giudicio senon della pianella, et questo motto ancora passò in proverbio. [[1:Simile a questo proverbio è quel di Stratonico musico preso Atheneo che contendendo con un fabro, gli disse. Non ti accorgi che tu non parli di martello ? Onde Aristo. ne’ morali scrive, che ciascuno è bon giudice di quelle cose che prattica, e Fabio pittore presso Quintiliano dice, che l’arti sarebbeno felici, se solo gli artefici di quelle dessero giudicio.]]

, p. 1098-1099

Notabil cosa è quella, che passò fra Protogene e lui. Stava Protogene a Rhodi; dove essendoito Apelle, desideroso molto di conoscere di vista lui, ilquale egli conosceva solamente per fama, subito andò a trovarlo a bottega. Era allhora Protogene fuor di casa, e non c’era altri che una vecchia, laquale era lasciata guardia d’una gran pittura, ch’egli tuttavia dipigneva. Questa vecchia rispose, che Protogene era fuor di casa, e domandogli chi era, che lo voleva; disse Apelle, direte el padron vostro; ch’io lo voleva io; e dato di mano a un pennello, tirò una linea sottilissima di colore per la tavola. Tornato che fu Protogene a casa, la vecchia gli disse quel ch’era passato. Dicono, che l’artefice subito havendo considerato bene la sottigliezza di quella linea, disse, che colui ch’era venuto quivi, era Apelle; percioche altri che egli non havrebbe potuto fare cosa tanto perfetta. Allhora Protogene tirò una linea piu sottile d’un altro colore in quella medesima, e uscendo di casa, ordino alla vecchia, che se colui tornava, gliela mostrasse, e dicessegli, come colui ch’egli cercava, l’haveva fatta, e cosi avenne. Percioche essendo tornato Apelle, ma vergognandosi d’esser vinto, tagliò quelle due linee con un terzo colore, non vi lasciando piu luogo da farvene alcuna altra piu sottili. Perche Protogene confessandossi d’esser vinto, corse al porto, cercando di quel forestiere. Et contentossi che quella tavola rimanesse con quelle linee, con maraviglia d’ogniuno, ma sopra tutto de gli huomini dell’arte. Truovasi, che questa tavola andò a male, quando la prima volta arse la casa di Cesare in palazzo, desiderosamente prima veduto da ogniuno; laquale come che fosse molto grande, altro non conteneva in se fuor che linee, lequali fuggivano la vista, e fra le opere illustri di molti parea quasi vana; e perciò allettava gli occhi delle persone, ed era molto più nobile d’ogni altra figura.

, p. 1098

Ma tutti quegli che nacquero prima di lui, e tutti quegli ancora che vennero dopo lui furono vinti da Apelle, il quale nella Olimpia centodicesima fu di si grande nella pittura, ch’egli solo fece in essa quasi maggior profitto, che tutti gli altri insieme e compose anco libri, iquali trattano quella dottrina. Ma sopra tutto egli uso leggiadria nell’arte, ancora che a quel tempo fossero grandissimi pittori; le cui opere essendo da lui molto ammirrate e lodate, usava dire, che mancava loro una certa venere, che i Greci chiamano charite, e noi gratia; e ch’essi havevano havuto tutte l’altre perfettioni, e in questa sola niuno gli era eguale.

, p. 1101

Dipinse ancora alcune cose, lequali non si possono dipignere, si come i tuoni, baleni, e folgori, i quali per altro nome si chiamano Bronte, Astrape, e Ceraunobolo.

 

, p. 1100

Fra l’opere sue ancora certe figure di persone, che danno i tratti. Ma quali sieno le migliori, difficile sarebbe a dire.

, p. 1098

Usurpossi anco un’altra gloria, e cio fu, ch’essendo egli una volta tutto pensoso e pieno di maraviglia a vedere una figura di Protogene, dove egli haveva usato fatica e grandissima diligentia, hebbe a dire; come egli in tutte le cose era pari a colui, e forse anco superiore, ma ch’esso Apelle in una cosa lo avanzava, e questo era, che Protogene non sapeva levar mai la mano dalla tavola, dando in tal modo un notabil ricordo, cioè, che spesse volte la troppa diligentia altrui nuoce. [[1:Questo bel precetto d’Apelle conviene sommamente a tutti quelli scrittori, che con diligentia fastidiosa premono senza fine l’opere loro, sempre aggiungnendo levando, mutando e in cio fuor di modo peccando, che si sforzano di non peccar punto.]]

, p. 1093

Per laquale contemplatione di tanti colori, e tanto diversi, mi maraviglio dell’antichità. Con quattro colori soli fecero quelle opere immortali, de’ bianchi usavano il melino, de’ silacei l’attico, de’ rossi la sinopia pontica, de’ neri l’atramento, Apelle, Echione, Melantio, e Nicomacho pittori eccellentissimi, ancora che l’opere loro valessero le ricchezze d’una città. [[2:Quattro colori soli operati da quattro eccellentissimi pittori antichi.]] E ora se bene s’usano le porpore ne’ muri, e l’India ci manda la belletta de’ suoi fiumi, e il sangue di drago, e de gli elefanti; nondimeno noN si fa alcuna pittura nobile. Tutte le cose adunque allora si facevano migliori, quando fu minore dovitia. Così è; perche, come habbiamo detto di sopra, la cura nostra è volta alle ricchezze, e non alla virtù dell’animo.

, p. 1100-1101

Dipinse ancora Alessandro Magno, che ha il folgore in mano, nel tempio di Diana Efesia, e questa figura fu pagata venti talenti. Le dita pare che sieno di rilievo, e che il folgore sia fuor della tavola. Ma però sappiano coloro che leggono, che tutte queste cose furono fatte con quattro colori, che fu grossamente pagato di questa figura, percioche n’hebbe tanti ducati d’oro a misura, e non a novero.

, p. 1100

Augusto imperadore dedicò una Venere, laquale esce del mare, nel tempio di Cesare suo padre, laqual Venere si chiama Anadiomene, essendo tale opera, mentre ch’ella si loda, vinta, ma però illustrata da versi greci. Essendo poi questa figura guasta in non so che parte, non si trovò che la potesse rassettare. Ma questa ingiuria tornò in gloria dell’artefice. Questa tavola intignò per la vecchiezza, onde Nerone nel suo imperio ve ne mise un’altra in cambio d’essa di mano di Dorotheo.

, p. 1100

Haveva Apelle cominciata un’altra Venere a’ Coi, et era anco per avanzare quella sua di prima. Hebbegli invidia la morte fornita che n’hebbe una parte, ne si trovò chi havesse ardire di finire quella figura secondo il disegno.

, p. XXXX

Ma io non mi pento già di non havermi saputo imaginare titolo alcuno piu piacevole. E accioche non paia, ch’io voglia perseguitare affatto i Greci, io voglio, che tu sappia, come quei componitori del dipignere, e del formare, i quali tu troverai in questi libri, non fecero opere finite; ma quelle che ancora non ci satiamo di vedere, intitolarono con titolo pendente: percioch’essi usavano dire, Apelle, o Policleto faceva; quasi che cio fosse sempre artificio incominciato e imperfetto; accioche l’artefice potesse trovare perdono contra la varietà de’ giudicij, si come quel ch’era per emendare quel che vi mancava, senon fosse stato interotto. Onde è cosa piena di modestia, il vedere, come essi intitolarono tutte l’opere loro come, se ciascuna fosse stata l’ultima, e come se per morte non l’havessero potuta finire. Tre opere e non piu solamente, come io stimo, fece colui, lequali s’intitolano come fornite, come io dirò al suo luogo; onde si vide, che l’auttore vi si compiacque molto, e mostrò gran sicurezza d’arte, e perciò quelle opere gli acquistarono grande invidia.

, p. 1094

Ma che diremo noi, che Candaule re di Lidia, et l’ultimo de gli Heraclidi, ilquale fu chiamato Mirsilio, comperò per tanto oro, quanta ella pesava, la tavola, dove Bularcho pittore havea dipinta la battaglia de’ Magneti ? In tanta riputatione era allhora la pittura.

, p. 1111

Dibutade Sicionio stovigliano fu il primo che trovò questa arte in Corintho, et massimamente per opera della sua figliuola, laquale essendo innamorata d’un giovane, et volendo egli ire in lontan paese, con la lucerna disegnò l’ombra della sua persona sul muro, et poi con linee la terminò, nellequali linee mettendo il padre suo la terra, ne fece una forma, et poiche l’hebbe secca, la mise a cuocere con gli altri vasi, et questa dicono, che fu conservata in Ninfeo, finche Mummio disfece Corintho.

, p. 1104

All’incontro Dionigio non dipinse altro che huomini et per ciò fu chiamato per sopranome Antropografo.

, p. 1110

Dipinsero anco le donne, Timarete figliola di Nicone, dipinse Diana in una tavola, laquale è in Efeso antichissima pittura. Irene figliola e discepola di Cratino pittore una fanciulla, laquale è in Eleusina. [[1:Di questo nome stesso habbiamo conosciuto la divina Irene delle Signore di Spilimbergo ; c’ha dipinto un quadro a similitudine d’uno del gran Titiano, il quale sommamente celebrandola, si stupì del valore di cosi nobil vergine ; la cui morte è stata cantata con mesti accenti da tutti i’ piu famosi dicitori del secol nostro.]] Calipso dipinse un vecchio, un maestro di bagatelle chiamato Theodoro, Alcisthene dipinse un saltatore. Aristarete figliola e discepola di Nearco dipinse Esculapio. Lala, Cizicena, laquale fu vergine per tutt’l tempo la sua vita, al tempo che M. Varrone era giovane, dipinse in Roma col pennello, e col cestro in avorio le figure delle donne, e un Napoletano in una tavola grande e si ritrasse ancho da se stessa nello specchio. Ne vi fu niuno, che havesse mano più veloce di lei di pittura, e ebbe tanta arte, che avanzava di gran lunga di fattura i più illustri dipintori di quel tempo, Sopilo, e Dioniso, le cui tavole riempiono le camere e le sale. Olimpia anch’ella fece alcune figure, ne di lei si dice altro, se non che Autobulo fu suo discepolo.

, p. 1105

Non è da passare ancora Ludio, che fu al tempo d’Augusto; e fu il primo, che trovò la vaghissima pittura delle mura, ville, portichi, luoghi ornati d’arbuscelli, selve, colli, colli (sic), vivai, canali, fiumi, riviere, secondo gli appetiti delle persone, varie specie d’huomini, che andavano, o navicamento, e per terra arrivavano alle ville, su i carri, o a cavallo, persone, che pescavano, o uccellavano, o cacciavano, o vendiemavano. Sono ne’ suoi disegni ville nobili, alle quali si va per paludi, e donne, che portano alcuna cosa sulle spalle, lequali mostrano d’haver paura di cadere; oltra di cio molte di queste capresterie, e facetissime dispositioni. Egli fu il primo, chi dipinse alla scoperta città maritime di bellissima vista, e con pochissima spesa. Ma nessuna gloria hanno gli artefici senon quegli, iquali hanno dipinto tavole, e per cio gli antichi sono havuti in maggior riverenza.

, p. 1109

Nealce dipinse Venere, huomo molto ingegnoso e accorto nell’arte. Percioche havendo egli dipinto la battaglia navale de gli Egittij, e de Persiani, laqual battaglia voleva che si conoscesse fatta nel Nilo, la cui acqua e simile a quella dell mare, dichiarò consegno, quel ch’egli non potea con l’arte. Perchioch’egli dipinse un asino, che beeva sulla riva, e un crocodilo che stava in aguato.

, p. 1088

Hebbe la scena ancora gran maraviglia di pitture ne’ giuochi di Claudio Pulchro, dove i corvi ingannati volarono alla somiglianza de’ tegoli.

, p. 1086-1087

Non si sa certo, ne ancho fa al proposito nostro, quando la pittura havesse principio. Ma gli Egittij affermano, ch’essi ne furono inventori sei mila anni inanzi ch’ella passasse in Grecia, ma non è dubbio alcuno, ch’essi dicono il falso. I Greci, alcuni dicono h’ella fu trovata a Sicione, e alcuni a Corintho ; ma tutti s’accordano, che fosse trovata dall’ombra, tirandovi le linee intorno. Et cosi fu la prima, e la seconda era d’un color solo, e chiamossi monocromato, poiche fu trovata piu faticosa, e tale ancora hoggi dura. La pittura delle linee dicono, che fu trovata da Filocle Egittio, overo da Cleanthe Corinthio. I primi che la misero in uso, furono Ardice Corinthio, e Thelephane Sicionio, ancora senza colore alcuno, e nondimeno vi sparsero le linee per entro. Et perciò intendo di contare quegli, ch’essi dipinsero. Il primo, che trovasse il dar loro il colore, con un vaso pesto, come dicono, fu Cleofanto Corinthio.

, p. 1098

Et per l’auttorità di lui s’ordinò prima in Sicione, e dipoi in tutta la Grecia, che i fanciugli nobili imparassero la prima cosa la diagrafica, cioè a dissegnare, e che questa arte fosse messa nel primo grado delle arti liberali. Et sempre fu honorata in modo, che le persone nobili la esercitarono, dipoi le persone honorate, con perpetuo editto, ch’ella non s’insegnaste a’ servi. Et perciò ne in questa, ne nella scultura non si vede opera illustre d’alcun servo.

, p. 1096

[…] per confessione de gli artefici s’acquistò il vanto di saper dare i contorni alle figure. Et questa è la maggior sottigliezza nelle figure. Perche il dipignere i corpi, e i mezi delle cose, certo è gran maestria, ma molti ci hanno acquistato gloria. Ma nel fare l’estremità de’ corpi, e rinchiudere il modo della perfetta pittura, di rado si truova nel successo dell’arte. Percioche l’estremità istessa si debbe circondare da se medesima, e cosi finire, di maniera ch’ella prometta altre cose dopo se, e dimostri ancora quelle che nasconde. Questa gloria le concessero Antigono, e Senocrate, iquali scrissero della pittura, non solamente confessandolo, ma predicandolo ancora. Molti vestigi ancora restano del suo disegno in sue disegno in sue tavole e carte di capretto, dalle quali si dice, che gli artefici imparano assai. Nondimeno paragonandolo a se stesso riesce assai minore nello esprimere i corpi di mezo.

, p. 1097

Sono oltra cio due sue nobilissime pitture, l’una della quali contendendo della vittoria, corre in modo, che pare, ch’ella sudi; e l’altro si disarma, e pare che ansi.

, p. 1097

Esso fu artefice veramente ricco d’intentione ma nessuno usò l’arte con piu insolenza e arroganza di lui. Percioch’egli si pose di molti sopranomi, chiamandosi quando Abrodieto, e quando in altro modo, con darsi vanto d’essere il primo di quella arte, e d’haverla esso ridotta a perfettione. Et sopra tutto si vantò d’esser disceso da Apolline, e d’haver dipinto l’Hercole, ch’è in Lindo, proprio di quella maniera, che piu volte se l’havea sognato. Essendo dunque vinto in Samo da Timanthe con gran favore di popolo, in Aiace e nel giudicio dell’harmi diceva haver per male, che la seconda volta fosse stato vinto da un da manco di lui. Dipinse ancora in tavolette piccole certe figure lascive, ricreandosi con simil maniera di piacevolezze.

, p. 1096

Dipinse ancora il Demonio, over genio de gli Atheniesi, e certo con ingegnoso argomento. Percioche in uno istesso tempo voleva dimostrarlo vario, colerico, ingiusto, instabile; e similmente placabile, clemente, misericordioso, eccelso, glorioso, humile, feroce, fugace, e tutte queste cose a un tratto.

, p. 1106-1107

Pausia fece tavole grandi, come è nel portico di Pompeo il sacrificio de’ buoi. Egli fu il primo, che trovò quella pittura, laqual poi fu imitata da molti, ma pareggiata da niuno. Et fra l’altre cose, volendo dimostrare la lunghezza del bue, lo dipinse in iscorcio, e non a traverso, e cosi diede benissimo a conoscere la sua grandezza. Dipoi perche tutti gli altri imbianchissino le cose, lequali vogliono che paiano spiccate, e condiscono col nero; costui fece tutto il bue di color nero, e del medesimo quello adombro, con grande arte mostrando, che le cose poste in piano sieno spiccate, e le rotte sieno intere.

, p. 1106-1107

Amò nella sua giovanezza Glicera sua cittadina, laquale faceva le ghirlande, e i imitando costei, ridusse quella arte a uno infinita varietà di fiori, e finalmente la dipinse à sedere con una ghirlanda in mano, laquale pittura molto nobile, fu chiamata Stefanoploco, da altri Stephanopoli; percioche Glicera si guadagnava il vivere col vendere le ghirlande. L. Lucullo comperò in Athene due talenti una copia di questa tavola, che si chiama apografo, da Dionisio. [[1:Stefanoploco vuol dire, che tese corona alludendo il pittore al mestiero della sua Glicera.]]

, p. 1106

Dipigneva figure piccole, e massimamente fanciugli, e i suoi emuli dicevano, ch’egli faceva cio, perche quella maniera di pittura era molto tarda. Per laqual cosa essendo egli per fama di prestezza, fece una piccola figtra (sic) in un giorno, che si chiamò hemeresio, nellaquale era dipinto un fanciullo.

, p. 1104

Percioch’e’ stà bene, che s’aggiungano a questi coloro che sono di minor pittura famosi nel pennello, de’ quali un fu Pireico, ilqual nell’arte merita, che pochi altri gli vadano innanzi. Ne sò, se in pruova egli si guastò da sestesso, perche seguendo cose humile, s’acquistò gran gloria d’humiltà. Costui dipinse botteghe di barbieri e di calzolai, e asini, e cose da mangiare e simili baie, e perciò fu chiamato per sopranome Rhiparografo, perche in queste cose fuor di modo si compiacque. Et veramente queste cose furono vendute più care, che le grandissime figure di molti.

, p. 1103

Per usar rispetto a questo Ialiso, il re Demetrio per non volere abbruciar queste tavole, dove egli poteva da quella parte sola pigliar Rhodi non volle altrimenti abbruciarla; e cosi per volere egli haver rispetto a quella pitura, la occasione della vittoria gli fuggì di mano. Era allhora Protogene a suo poderetto fuor delle mura, cioè nel campo di Demetrio. Ne perch’egli fosse interrotto dalle battaglie, si rimase dalle sue opere incominciate; onde havendolo il re fatto chiamare, e domandato, con che figurezze egli stesse fuor delle mura, rispose, che sapeva, come egli haveva guerra co’ Rhodiotti, non con le arti Il re dunque gli mise guardia di soldati, rallegrandosi di poter salvare le mani, allequali egli haveva gia perdonato; e per non lo scioperare, andava spesso a trovarlo et lasciando i desiderij della sua vittoria, fra le armi, et le percosse delle mura si stava a vedere lavorare quello artefice. Dicesi, che Protogene dipinse questa tavola sotto la spada. Questo è un satiro, ilquale si chiama Anapauomeno, e accioche nulla manchi alla sicurtà di quel tempo, tiene i zuffoli in mano. [[1:Anapauomeno fu detto il Satiro; perci che era a giacere e riposava]]

, p. 1102-1103

E tenuta per la miglior figura che facesse mai il Ialiso, ilquale in Roma è dedicato nel tempio della pace. Mentre che egli faceva questa figura si dice che egli non mangiò altro che lupini dolci, perche a un tratto cacciavano la fame e la sete, accioche non ingrossassero i sensi per la troppa dolcezza. Sopra questa figura diede quattro mani di colori, perch’ella reggesse al tempo, e alla vecchiaia, et cadendo giu il colore di sopra, ve ne rimanesse un’altro di sotto. In questa figura è un cane mirabilmente fatto, si come quello che il caso e l’arte egualmente il dipinse. Egli giudicava di non potere esprimere in esso la schiuma di chi ansa, ancora che in ogni altra parte, il ch’è difficilissima cosa, havesse sodisfatto a sestesso. Et dispiacevagli essa arte, ne se ne poteva partire, e parevagli partirsi troppo discosto dalla verità, e quella schiuma, che si dipigneva, non nascesse dalla bocca, tutto sospeso dell’animo, volendo che nella pittura fosse il vero, non il verisimile, haveva spesso netto il pennello, e mutato, e per nessun modo si compiaceva. Ultimamente adirato con l’arte, diede di quella spugna, con laquale nettava i pennegli, in quella parte della pittura, che gli dispiaceva, e quella si pose que’ nettati colori, come era il suo desiderio. Et cosi la fortuna fece nella pittura il naturale. Con questo esempio si dice, che un simile successo avvenne a Nealce, havendo similmente avventata una spugna, quando egli dipigneva Popizonte, che riteneva il cavallo. Et cosi Protogene, e la fortuna, mostrò il cane. [[1:Scrive Eliano nel lib. 12. della Varia istoria che Protogene penò sette anni a dipignere Ialiso, e che quando Apelle l’hebbe veduto disse con molto stupore che l’opera, e l’artefice erano grandi, ma che gli mancava la gratia; laquale se Protogene havesse havuta, la sua fatica sarebbe stata immortale.]]

, p. 1102

In un medesimo tempo con esso lui fiorì ancora come s’è detto Protogene. Costui fu per patria di Cauno città suggetta a Rhodiani. Egli fu molto povero da principio e hebbe gran desiderio di farsi valente nell’arte; e percio fece pochissime figure. Chi fusse suo maestro non se ne può sapere il certo. Alcuni dicono che egli attese a dipignere delle navi fin che egli hebbe cinquanta anni; e per segno di cio adducono che dipingendo egli in Athene il Propileo in nobilissimo luoco, cioè nel tempio di Minerva, dove fece il nobile Paralo et Emionida; laquale alcuni chiamavo (sic) Nausica, egli vi aggiunse alcune piccole navi lunghe tra le cose che i pittori chiamano parerga, perche servono oltra alla prima pittura per ornamento, accioche si vedesse da quai principij l’opere sue fossero venute al colmo della gloria e della grandezza.

Dicesi, che Protogene dipinse questa tavola sotto la spada. Questo è un satiro, ilquale si chiama Anapauomeno, e accioche nulla manchi alla sicurtà di quel tempo, tiene i zuffoli in mano. [[1:Anapauomeno fu detto il Satiro ; perci che era a giacere e riposava]]

, p. 1110

E cosa rara ancora, e degna di memoria, vedere opere eccellenti, e figure imperfette, come è l’Iride d’Aristide, i Tindaridi di Nicomacho, la Medea di Timomacho, e la Venere, che dicemmo d’Apelle, lequali sono in maggior riputatione, che l’opere perfette. Percioche in esse si veggono gli altri lineamenti, è [sic] i pensieri de gli artefici, e nel ruffianesimo della commendatione è un dolore, ilquale fa bramare altrui le mani morte mentre elle lavoravano.

, p. 1097

Timanthe fu veramente huomo di grande ingegno, e di sua mano è la Ifigenia, tanto celebrata da gli oratori; questa fanciulla sta dinnanzi all’altare per dover morire, dove havendo Timanthe dipinto tutte le persone all’intorno, e massimamente il zio, dolorose et meste, di maniera che egli egli (sic) havea consumato ogni imagine di dolore e d’affanno; coperse finalmente il viso al padre, nelquale non poteva esprimere tanto dolore, che bastasse. Sono ancora altre pruove del suo ingegno, si come il Ciclope, che dorme, in una piccola tavoletta; dove volendo esprimere la sua grandezza, gli dipinse appresso alcuni satiri, iquali gli misurano il dito grosso col tirso; e in ogni sua opera si vede piu che non v’è dipinto; e benche vi sia grande arte, v’è però maggiore ingegno, che arte. [[1:Questo Timanthe, secondo che scrive il Volatera. fiori nell’olimpiade novantesima quinta.]]

, p. 1108

Timomaco da Bizantio, al tempo di Cesare dittatore gli dipinse uno Aiace e una Medea, posti da lui nel tempio di Venere genetrice, lequali pitture ano costate ottanta talenti. E il talento atheniese, secondo M. Varrone, vale sedici sestertii.

, p. 1095

Fece anco una Penelope, nellaqual figura parve, ch’egli dipignesse i costumi, et uno athleta. Et talmente si compiacque in esso, che vi fece sotto quel suo verso famoso, ilqual diceva; come era piu facil cosa biasimarlo, che imitarlo.

, p. 1096

Dicono che questo Parrasio dipinse a pruova con Zeusi; e havendo Zeusi arrecate uve dipinte  tanto bene, che gli uccelli credendo che fossero uve vere, volarono a beccarle; egli mise fuori un lenzuolo dipinto ilquale pareva tanto vero, che Zeusi solecitava pure a dirgli, ch’e’ levasse la vela, e mostrasse la pittura; e conosciuto l’errore, si chiamò per vinto con nobil vergogna ; perche egli haveva ingannato gli uccegli, e Parasio haveva ingannato lui, ch’era artefice. Dicono, che Zeusi dipinse poi un fanciullo, che portava l’uve, allequali volando gli uccegli, con la medesima vergogna s’adirò contra l’opera, dicendo, io ho saputo dipignere meglio l’uve, che’l fanciullo. Percioche se io havessi ridotto bene a perfettione il fanciullo, gli uccegli ne havrebbono havuto paura.

, p. 1095

[…] ma per altro usava tanta diligentia, ch’essendo egli per fare una tavola a gli Agrigentini, laquale essi erano per dedicare publicamente nel tempio di Giunone Laciniana, volle vedere le lore vergini ignude, et ne scelse cinque, per potere colla pittura rappresentare quelle parti, lequali in ciascuna d’esse fossero piu eccellenti. [[1:Vedi M. Tulio nel prohemio del li. 2 del inventione]]

, p. 1095

Acquistò ancora tante ricchezze, che per farsi conoscere ben ricco, mise il suo nome in Olimpia a lettere d’oro ne’ quadri de’ vestimenti. Dissegnò poi di voler donare l’opere sue, dicendo che non c’era prezzo ragionevole, che pagar le potesse ; si come egli donò l’Alcmena a gli Agrigentini, e la figura di Pane ad Archelao.

, p. 1107

Questa figura non volle egli vendere al re Attalo per  sessanta talenti, e piu tosto la donò alla sua patria, havendo egli di molte ricchezze.

, p. 1102

Eguale a lui fu Aristide Thebano; costui fu il primo pittore, che dipinse l’animo, e espresse tutti i sentimenti, i quali da’ Greci sono chiamati ethe; et le passioni ancora, vero è, che fu troppo duro nel colorire. Truovasi di sua mano un bambino, che s’appicca alla poppa della madre, che muore per le ferite, essendo presa la città, e vedesi, che la madre sente, et teme, che’l bambino, essendo morto il latte, non succi il sangue. Laqual tavola Alessandro Magno haveva fatta portare a Pella sua patria.